Al momento stai visualizzando L’epidemiologia

L’epidemiologia

Lo scenario epidemiologico

L’influenza è una malattia infettiva che costituisce un rilevante problema di sanità pubblica a livello mondiale. La patologia, diffusa in tutti i continenti, è contraddistinta dal ripetersi di episodi infettivi, che coinvolgono mediamente ogni anno centinaia di milioni di persone e le cui complicanze negli anziani possono essere gravate da mortalità fino all’80 % dei casi. È una malattia stagionale che, nell’emisfero occidentale, si presenta durante il periodo invernale. 

In generale, si parla di epidemia quando il contagio, pur diffuso, colpisce una minoranza della popolazione, all’incirca il 15-20%, mentre si dice pandemia quando circa il 50% della popolazione mondiale contrae l’influenza nell’arco di uno-due anni.

Normalmente si verificano episodi epidemici alternati con periodi interpandemici (stagionali) che coincidono con la diffusione di varianti minori dei sottotipi A e del tipo B, verso i quali è presente sempre un certo grado di immunità nella popolazione. Alla base dell’epidemiologia dell’influenza vi è la marcata tendenza dei virus influenzali a mutare, cioè a presentare variazioni antigeniche nelle due glicoproteine HA e NA. In questo modo il virus, eludendo la risposta immunitaria dell’ospite, diffonde ampiamente e rapidamente all’interno della popolazione immunologicamente suscettibile. 

Le pandemie, invece, si verificano ad intervalli di tempo imprevedibili. Le ultime si sono verificate nel 1918 («la Spagnola», sottotipo H1N1 responsabile di almeno 20 milioni di decessi), nel 1957 («l’Asiatica», sottotipo H2N2), nel 1968 («la Hong Kong», sottotipo H3N2) e infine nel 2009, causata dal virus A(H1N1)pdm09. Tale andamento non è casuale e coincide con la circolazione di nuovi virus influenzali, più precisamente con alcune varianti del virus influenzale di tipo A. Il virus di tipo B, infatti è tipico esclusivamente dell’uomo e non origina varianti pandemiche seppure sia in grado di causare epidemie clinicamente rilevanti, mentre il virus C, di più recente scoperta, non provoca infezioni clinicamente significative o gravate da complicazioni.

Ovviamente, la presenza delle varianti virali A viene aggravata da determinate condizioni climatiche stagionali: per esempio, nel nostro emisfero boreale, inverni rigidi e secchi. Viceversa, i lunghi episodi interpandemici coincidono con la circolazione di minime variazioni dei virus A e B. In linea di massima, ogni 2-3 anni si hanno epidemie influenzali da virus A e ogni 3-6 anni da virus B. Generalmente le epidemie da virus A sono più diffuse e gravi, nel senso che hanno un maggiore impatto sulla popolazione e sull’organismo rispetto alle epidemie da virus B. Oggi sappiamo che molte ondate epidemiche sono provocate dalla circolazione contemporanea di due varianti virali, per esempio di virus A, oppure dalla diffusione di virus A e B insieme. Va ricordato, infine, che l’andamento dell’epidemia segue sempre un profilo standard:

  • impennata iniziale del contagio
  • raggiungimento del picco massimo di diffusione in due-tre settimane
  • declino rapido
  • dopo 5-6 settimane, spegnimento dell’episodio.

È importante sottolineare che la comparsa di un ceppo virale con proteine di superficie radicalmente nuove, quindi di un virus influenzale completamente diverso da quelli precedentemente circolanti, non è di per sé sufficiente per il verificarsi di una pandemia. Occorre anche che il nuovo virus sia capace di trasmettersi da uomo a uomo in modo efficace, che abbia la capacità di replicare in un ospite umano e che incontri una popolazione suscettibile.

La sorveglianza europea, Il monitoraggio dell’OMS

Grazie al WHO Influenza Programme, messo a punto già dal 1950 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è possibile monitorare la circolazione dei virus e prevedere, di anno in anno, il rischio epidemico della malattia influenzale nonché allestire con i ceppi virali appropriati il vaccino da proporre alla popolazione. Per raggiungere al meglio questo obiettivo l’OMS coinvolge una rete di laboratori nazionali distribuiti in tutto il mondo, in grado di isolare rapidamente i virus influenzali circolanti che vengono, dapprima, inviati ai centri nazionali dell’OMS – per l’Italia l’Istituto Superiore di Sanità – e quindi a uno dei quattro centri di riferimento internazionali: Londra, Atlanta, Melbourne e Tokyo.

La sorveglianza italiana – InfluNet

InfluNet è il sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza. È coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) con il sostegno del Ministero della Salute. La rete si avvale del contributo dei medici di medicina generale (Mmg) e pediatri di libera scelta (Pls), dei referenti presso le Asl e le Regioni. Si articola nella sorveglianza epidemiologica (che ha l’obiettivo di determinare l’inizio, la durata e intensità dell’epidemia stagionale), e nella sorveglianza virologica (che ha come obiettivo il monitoraggio della circolazione dei diversi tipi, nonché sottotipi, di virus influenzali).